Depositati alla Camera i due emendamenti con cui il Governo punta a rivedere le norme del decreto fiscale sui reati tributari. Con uno dei correttivi la responsabilità delle imprese viene ulteriormente ampliata. Si tratta, fanno notare con una nota da Confindustria, di un intervento «iper repressivo» che ha il solo effetto di moltiplicare le sanzioni
di Giovanni Negri
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Da pagare, fino a un milione di euro. Ma anche il divieto di contrattare con la pubblica amministrazione o l’esclusione da finanziamenti pubblici o, ancora, la revoca dei contributi già ricevuti. È salato il conto per le imprese previsto dall’emendamento firmato dai relatori al decreto fiscale, ma concordato con Mef e ministero della Giustizia, che rende le imprese responsabili per i reati tributari commessi da propri dipendenti, se ne hanno tratto un vantaggio. Tanto da fare scendere in campo Confindustria che contesta l’approccio iper repressivo «che moltiplica le sanzioni sulle stesse fattispecie».
Azioni cautelari anche in primo grado
Se per la sanzione pecuniaria che può arrivare a 775.000 euro innalzabili di un ulteriore terzo nei casi più gravi, almeno bisognerà aspettare una sentenza, per altre misure, come quelle che incidono sui rapporti tra impresa e pubblica amministrazione, l’applicazione sarà possibile anche in via cautelare, prima quindi di un accertamento, anche solo in primo grado, di responsabilità.
Aziende sanzionate ad ampio raggio
Alla fine, la svolta sul piano repressivo è di assoluta importanza. Perché le aziende potranno essere sanzionate per la stragrande maggioranza dei reati tributari. A restare esclusi saranno solo quelli ritenuti di minore gravità, caratterizzati dall’assenza di un elevato tasso di volontà criminale e, in particolare, l’omessa dichiarazione, la dichiarazione infedele e i casi di omesso versamento anche attraverso compensazione. Per tutte le altre condotte mano pesante.
Articolato il meccanismo pecuniario
Dove il sistema consolidato è quello delle quote, con importo di ogni singola quota che può variare da un minimo di 258 euro a un massimo di 1.549. I reati colpiti con la maggiore severità, 500 quote, sono quelli di dichiarazione fraudolenta attraverso false fatturazioni e dichiarazione fraudolenta attraverso altri artifizi, come pure l’emissione di fatture o altra documentazione per operazioni inesistenti.
Confindustria: non criminalizzare le imprese
Per l’Associazione degli industriali le modifiche al decreto 231 sono di rilevanza tale da cancellare anche i ritocchi alla confisca per sproporzione previsti dall’altro correttivo al decreto legge fiscale: «Non è certamente questo proliferare di interventi penali, volti a criminalizzare il mondo dell’impresa – sostiene Confindustria con un comunicato – il modo corretto per combattere l’evasione e far crescere l’economia del Paese».